a Chieti 2009
Amarcod
Chieti - Stabilimento Calvi
L'anno volge al termine, siamo ormai
arrivati al 5 di dicembre e io decido di
andare a fare un salto a Chieti, perchè sono
stufo della neve caduta quì a Trento, 4
volte nel giro di 7 giorni e ogni volta ne
ha fatta una sessantina di centimetri. Partenza dalla stazione alle
10.11 di sabato 6 con un treno Intercity a
lunga percorrenza Bolzano-Lecce con arrivo
previsto alle 15.30 dello stesso giorno
nella stazione di Pescara Centrale. Il treno
è puntuale e l'orario d'arrivo è
perfettamente rispettato. Se fossimo stati
negli anni '20 si sarebbe dovuto prendere un
treno per Chieti Scalo e da lì trovare un
mezzo per recarsi su in città. Non c'era
ancora il Filobus e il servizio veniva
assicurato da una tranvia che faceva i sette
Km in una trentina di minuti. L'area di
Chieti "Inferiore" era caratterizzata da una
economia legata alla agricoltura. In un
opuscolo illustrato della Provincia di
Chieti di quegli anni si legge : "l'attività
industriale scarsa del |
Palazzo
Majo - Chieti anni '20 |
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passato, è ora in
pieno sviluppo, con la lavorazione della
Cellulosa, con i Magazzini Generali e con La Manifattura dei
Tabacchi: fonti di lavoro e ricchezza per tutta la
cittadinanza. In quelle poche righe è descritto lo scarno
panorama industriale di Chieti, ma non si fa cenno alcuno
della prima effettiva azienda industriale della vallata: Lo
Stabilimento di Ignazio Calvi. Una fabbrica dalle alterne
fortune che aveva sede in Via Tiburtina, dietro il caffè
Roma e che si è trasferita poi a 100 metri di distanza, a
sinistra della Stazione Ferroviaria. Sorta nel 1880 per la
costruzione di macchine agricole, l'industria Calvi ha
potenziato man mano la sua attività fino ad inserirsi nel
quadro delle grandi aziende nazionali. Durante la 1° Guerra
Mondiale, fu trasformata per la costruzione di armamento di
artiglieria e da tale epoca fino al 1935 gli impianti delle
officine, furono completati con impianti di Fonderie,
Segherie, Stampaggio, Gabinetto di Analisi per prove e la
ditta lanciò sul mercato nuove macchine agricole, come
Falciatrici oltre ad Aratri, Erpici, Pressaforaggi,
Trenciaforaggi e Torchi, largamente richiesti. Nel 1930 aprì
anche una filiale a Parma, conquistando il mercato del Nord.
Dal 1935 al 1943, fu trasformata, di nuovo, per la
produzione di materiali bellici per artiglieria ed aviazione,
assumendo 500 operai. Distrutto durante il periodo
dell'occupazione tedesca con l'asportazione dei macchinari e
l'incendio dei capannoni che pur se rimasti in piedi, furono
successivamente bombardati dalla Aviazione Alleata. Nel
luglio del 1944 riprese la sua attività, riconquistandosi
rinomanza nazionale. Oggi la fabbrica non esiste più,
restano i Palazzi, proprietà degli eredi Calvi e i ruderi
dello stabilimento smantellato, con una vasta area di
risulta. Questa fabbrica io non me la ricordo e se si è
sviluppata, lo ha fatto dopo che io sono
emigrato a Milano nel '66, in cerca di
miglior fortuna e a fare un lavoro per cui
avevo studiato e senza dover ricorrere alle
raccomandazioni. E sì allora ci voleva (
anni '60) e se avevi un a"santo" in terra
riuscivi a trovare qualcosina da fare se no
facevi come tanti altri giovani le "vasche"
lungo il Corso Marrucino, discutendo di
tutto e di tutti senza concludere mai niente.
Anche adesso che sono pensionato, dopo 40
anni di onorato lavoro, incontro gente per
il Corso, di solito si piazzano nell'area
antistante l'ex UPIM, che discutono sulle
azioni da intraprendere se si fosse al
Governo e su come risolvere la crisi
mondiale o i casini del Comune di Chieti,
che è sempre senza soldi, e ci dice dai
giornali locali cosa ha intenzione di fare,
solitamente opere faraoniche, che sempre
rimangono delle "buone intenzioni",
disattese e le scritte sul giornale, buone
almeno per fare propaganda, sopratutto se si
è in periodo elettorale. Adesso hanno
assunto un supermanager, curriculum da
fantascienza, lo pagheranno una barca di
soldi, per fare quello che prima era nelle
loro intenzioni che ora rimarrà ancora nelle
intenzioni per la carenza di soldi e quei
pochi racimolati, forse serviranno per
pagare il SuperManager.... Mala tempora
currunt...
Cliccando sulle immagini si ottengono le stesse ingrandite
Manifattura Tabacchi
Costruita nel 1936 in Via Colonnetta (vedi
foto n°3) dava occupazione stagionale a centinaia di donne,
che, per la prima volta lavoravano in una industria. ( lo
stabilimento fu poi spostato a Cerratina di Villanova ).Attualmente,
l'edificio, dopo radicali lavori di ristrutturazione, è sede
della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti. Ricordo
che anche il mio babbo per alcuni anni, forse tre, coltivò
le piantine di tabacco e qualche volta si stritolava una
foglia e con le cartine si faceva qualche sigaretta, poi la
pacchia è finita, quelli della finanza ti contavano le
piantine e di ognuna contavano persino il numero delle
foglie e molti decisero che il rischio non valeva il
beneficio e sui terreni piantarono le viti e si facevano il
vino pigiando l'uva. A me piaceva la vita di campagna, ma
essendo a mezzadria i guadagni andavano divisi sempre a
mezzo e la parte migliore, senza fare niente, se la beccava
Mario il gommista, proprietario dei terreni. Mi ricordo la
rabbia di mia madre quando andava al mercato a vendere la
frutta, doveva passare prima dalla "signora" che si capava
la frutta migliore e poi noi andavamo alla Piazza alla
Trinità a cercare di vendere il resto e col ricavato
comperarci qualcosa che serviva in casa. E si allora erano
anni che non avevamo niente, si usciva da una guerra, la
Seconda Guerra Mondiale, che aveva lasciato tutti, come si
dice "in braghe di tela" e la carne la si mangiava solo a
Natale o a Pasqua e mamma faceva miracoli con le "patate" (
le cucinava in dieci modi diversi) per poterci sfamare.
STABILIMENTO
DELLA CELLULOSA
Lo stabilimento,
chiamato anche CELDIT, fu iniziato la costruzione nel 1938 e
completato nel 1939, utilizzò come materia prima "la paglia
di grano", attraverso lo sfruttamento del brevetto dell'Ing.
Pomilio. Dalla ricca documentazione esistente presso
l'Archivio di Stato di Chieti, si ricavano testimonianze di
un certo interesse anche storico sulle vicende d'avvio di
questo stabilimento, che per anni è stato il punto di
riferimento, del processo d'industrializzazione, "la balena
bianca" (per la sua elevata costruzione, in mezzo alla piana
verde del Pescara) delle attività produttive dello Scalo,
raggiungendo una punta di 800 lavoratori nei primi anni '60.
Dalla stessa documentazione, si ricava che il Villaggio
Celdit, con le case per i lavoratori, era stato previsto in
un primo momento, nell'area in cui è sorto, parallelo allo
stabilimento, dopo la ferrovia e oltre la Tiburtina Valeria,
nell'area antistante l'ingresso dello stabilimento stesso,
nel sito dove oggi si trovano le Trafilerie Meridionali, in
terreni adiacenti, in direzione San Martino. Questo
stabilimento era visibile da casa nostra, quando abitavamo a
Madonna della Vittoria e io ho ancora il ricordo delle
sirene che di notte accorrevano a spegnere gli incendi che
scoppiavano sotto le tettoie dove veniva stoccata la paglia.
Questi si protrassero per due o tre anni dal '57 al '60
finche non arrestarono il direttore dello stabilimento che
li appiccava per riscuotere i soldi della assicurazione.
Incendi non se ne sono visti più fino a che lo stabilimento
ha chiuso definitivamente con la motivazione assurda : "la
carta prodotta e di qualità eccelsa e non fabbricandosi più
enciclopedie si decide di chiudere lo stabilimento lasciando
tutti gli operai a casa o in cassa integrazione".
ZUCCHERIFICIO
Nel 1952 si
assiste alla realizzazione dello Zuccherificio, della
Società Italiana Industria Zuccheri a lavorazione sopratutto
stagionale, dove tanti giovani, anche studenti, hanno potuto
lavorare nel periodo estivo, durante la campagna della
bietola. Mio nonno Antonio comperava tonnellate di bietole
esauste ( le sanse) che dava da mangiare alle mucche da
latte che aveva nella stalle, mi diceva che le aiutava a
fare tanto latte. Alle mucche aveva appeso anche un bel
rotolo di "sale inglese" sulla mangiatoia, che queste
leccavano in continuazione e bevevano parecchio, allungando
il latte venduto, finchè l'operaio dello stabilimento non
incominciò ad usare il lattimetro e a ridurgli i
quantitativi in proporzione all'acqua trovata nei bidoni. E
si il contadino si diceva "scarpe grosse e cervello fino" ma
lui qualche volta esagerava e doveva essere rimesso in riga.
Lo stabilimento che ha determinato conseguenze disastrose
all'ambiente del fiume Pescara a causa degli scarichi
maleodoranti delle acque di lavorazione e dei residui di
polpe lavorate, di bietole, è ora in stato di abbandono e di
massimo degrado, trasformato in deposito di materiali e di
vecchie attrezzature da parte dell'impresa, nuova
proprietaria dell'area: Le Trafilerie Meridionali, che
fabbricava trafilati di acciaio (anime dei pneumatici) e che
è ancora operante anche se con un numero minimo di operai,
dopo alterne vicende e la recente decisione di ridurre
drasticamente il personale. Tra gli stabilimenti più
importanti, va ricordato quello della INDUSTRIA
ADRIATICA CONFEZIONI (IAC), realizzato in via Piaggio, negli
anni '60, quando il cosiddetto boom economico faceva
apparire tutto facile e duraturo. Da circa 2000
dipendenti, la
fabbrica di camicie conta ora nemmeno 300 unità lavorative,
con prospettive nefaste di ulteriori riduzioni di organico.
Chi non ricorda la "festosa atmosfera" di ogni giorno che
migliaia di ragazze che si avviavano al lavoro scortate da
padri, madri, fratelli, fidanzati e spasimanti, non può non
rimpiangere un'epoca certamente di maggiore ricchezza per
tutti e di maggiore tranquillità di vita. Ricordo anche
quello che riportavano i giornali locali (quelli
scandalistici) di ragazze che rimanevano incinte dei caporeparto che approfittando della loro posizione, qualche
volta ne abusavano e ricordo che una di queste si getto dal
ponte di Villanova nel fiume Pescara, proprio in un punto
dove l'acqua scarseggiava, rimanendone uccisa. Ormai questo
fa parte del passato, oggi di fabbriche ce ne sono
pochissime nell'area dello Scalo e quelle poche stanno
chiudendo tutte a causa di questa economia globale e gli
operai sono buttati in mezzo ad una strada nell'indifferenza
di tutti, compresi i sindacati.
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